Robert Nicolas Charles Bochsa
Robert Nicolas Charles Bochsa (Montmédi, 9 agosto 1789 – Sidney, 6 gennaio 1856) arpista, compositore, direttore d’orchestra. Bambino prodigio, divenuto arpista celebre, e compositore prolifico di musiche sia per arpa che di musica sinfonica e operistica. Era figlio dell’oboista e compositore Karl, un ceco che si era trasferito in Francia. Grazie all’educazione ricevuta dal padre, il giovane Nicolas Charles debuttò all’età di sette anni con un concerto per pianoforte; a nove anni aveva già composto una sinfonia e a undici un concerto per flauto e orchestra che eseguì lui stesso in veste di flautista e direttore. A dodici anni aveva al suo attivo diverse Ouvertures e alcuni quartetti, mentre a sedici scrisse un’opera (Trajan) che fu rappresentata al cospetto di Napoleone in occasione di una sua visita a Lione, ottenendo, pare, un buon successo. Sotto la guida del suo primo maestro, Franz Beck, compose un oratorio (Le déluge universel) e un balletto (Dansomanie), mentre nel 1806 fu ammesso al Conservatorio di Parigi, nella classe di armonia di Catel, ottenendo il Primo Premio quello stesso anno; contemporaneamente Bochsa continuava a studiare l’arpa, strumento che aveva conosciuto durante la sua permanenza a Bordeaux. In quegli anni non esisteva ancora la cattedra d’arpa al Conservatorio (istituita nel 1825); egli quindi studiò con due eccezionali maestri: François-Joseph Naderman (futuro docente del Conservatorio)e Marie-Martin Marcel Marin.
Marin (1769 – dopo 1861) fu un celebre arpista francese, di nobiliare origine veneziana, studiò violino con Pietro Cardini in Italia, poi di ritorno in Francia studiò arpa con Hochbrucker e Krumpholtz, prima della rivoluzione francese. Fu nominato membro dell’Accademia di Arcadia a Roma a soli quattordici anni grazie ad una sua straordinaria esibizione dove eseguì, oltre ad altre composizioni per strumenti a tastiera anche musiche di Jommelli e a prima vista alcune fughe di Bach. Con lo scoppio della rivoluzione si trasferì a Londra dove strinse amicizia con M. Clementi del quale adottò alcune composizioni all’arpa. Già nell’opera di Marin si trova una summa delle possibilità tecniche espressive dell’arpa (allora con movimento semplice); suoni armonici, suoni smorzati, presso la tavola, glissati di pedale e un uso degli abbellimenti oggi dimenticato o peggio considerato impraticabile all’arpa. La testimonianza di Marin, Bochsa, Labarre e altri grandi strumentisti dell’epoca ci svelano un impiego dell’arpa estremamente interessante sia per la ricerca virtuosistica che tecnica, sia per il repertorio che per l’evoluzione strumentale. La pratica arpistica non differiva da quella del cembalo e del forte-piano ed era da sempre unita alla conoscenza e all’esecuzione dei grandi compositori dell’epoca che scrivevano indifferentemente per arpa o tastiere.
Conoscendo la personalità complessa di Bochsa e le sue straordinarie vicende personali che lo portarono lontano dalla musica, suo malgrado, possiamo forse desumere che ciò che oggi ci sembra frutto di una sua peculiare ricerca musicale e arpistica non sia anche in parte frutto di un lavoro che i suoi maestri avevano in parte già realizzato. Senza togliere nulla alle capacità didattiche e compositive ( le uniche che oggi possiamo valutare) forse Bochsa è la punta di un iceberg sulla conoscenza del mondo dell’arpa che è forse ancora sommerso. Egli fu molto celebre nel XIX secolo, sia come compositore che come arpista di grande fama. Fu arpista alla corte di Napoleone e di Luigi XVIII. A causa delle sue stravaganze ebbe guai con la giustizia francese e con quella inglese. Dimenticato dalla storia, le enciclopedie musicali omettono il suo nome o gli dedicano soltanto poche righe, ma non dagli arpisti, almeno di nome, poiché i suoi lavori per arpa vengono ancora eseguiti , soprattutto i suoi studi sono alla base della didattica in Italia e all’Estero.
Bochsa decise di dedicarsi esclusivamente all’arpa ed ebbe una carriera folgorante. Egli conquistò il pubblico con la verve delle sue esecuzioni e con l’originalità delle sue composizioni, riuscendo ad esplorare ed ampliare i mezzi tecnici ed espressivi dello strumento non solo cercando nuovi effetti, ma anche perseguendo un nuovo stile compositivo arpistico, così come avveniva in campo pianistico, grazie a compositori come Dussek, Cramer e Beethoven.
La sua ascesa continuò fino alla nomina ad arpista dell’imperatore, nel 1813, e, passato indenne la Restaurazione, nel 1816 entrò al servizio di Luigi XVIII.
In questo periodo compose opere per l’Opéra-Comique; una di queste, “La lettre de ch’ange” (1815), fu rappresentata in tutta Europa e con la Restaurazione gli fu commissionato un Requiem per Luigi XVI.
Purtroppo l’attività di Bochsa non era solo dedicata alla musica, sembra che abbia esercitato anche come falsario. I suoi traffici furono scoperti e Bochsa fu costretto a lasciare la Francia per evitare di scontare la pena alla quale il tribunale di Parigi lo condannò: dodici anni di prigione, 4000 franchi di multa e ad essere marchiato a fuoco con le lettere “T. F”. Si rifugiò a Londra e senza fatica riguadagnò fama e prestigio, sia come direttore d’orchestra che come arpista, al punto che fu nominato professore d’arpa e segretario generale alla Royal Academy of Music. Tuttavia le sue “disavventure” giudiziarie divennero note anche a Londra e oltre a ciò egli aveva contratto matrimonio con una donna inglese, Amy Wilson, pur avendo già una moglie in Francia. Il 4 Maggio 1824 fu dichiarato fallito, i suoi beni messi all’asta e tre anni più tardi fu licenziato dalla Royal Accademy.
Questo duplice aspetto della sua complessa personalità sicuramente interferisce notevolmente sulla carriera e ne limita le possibilità lavorative anche se il nostro arpista riesce comunque a farsi introdurre a corte e grazie all’autorevole appoggio del re ottenne la nomina a direttore artistico del King’s Theatre, posto che mantenne fino al 1830 anche se con diverse polemiche e problemi.
Durante gli anni ’30 Bochsa si esibì in qualità di arpista ottenendo sempre un buon successo fino a quando nel 1839, a causa della sua fuga con una sua ex allieva (anche cantante) Ann Bishop, già coniugata e madre di tre figli. Il suo destino sarà legato a questa altra grande stella dimenticata, il soprano Anna Rivière, sposa in prime nozze di Henry Bishop compositore soprannominato il Mozart d'Inghilterra. Scoppiò un nuovo scandalo. I due affrontarono una tournée per tutta Europa senza possibilità di ritorno.
In Italia Bochsa ottenne il posto di direttore presso il Teatro San Carlo a Napoli, ove si stabilì per due anni. Il Teatro partenopeo dopo 1817 con la ricostruzione della sala a seguito di un incendio fu inaugurato con la cantata Il sogno di Partenope di Giovanni Simone Mayr, La presenza di Mayr, come quella di Rossini, si doveva essenzialmente al lombardo Domenico Barbaja, il più grande impresario d'Italia e forse d'Europa. Dal 1815 al 1822, il direttore musicale del teatro fu Gioachino Rossini che, in quel periodo, visse una delle sue stagioni più importanti e prolifiche. Successivamente l'incarico fu attribuito, tra gli altri, a Gaetano Donizetti, direttore artistico dal 1822 al 1838, che tra il 1823 e il 1844 vi presentò ben 16 opere in prima esecuzione. Si potrebbe ipotizzare che la presenza di grandi solisti come appunto Bochsa al Teatro partenopeo e altri grandi maestri italiani e francesi abbia stimolato la creazioni di numerosissimi “soli” all’interno di balletti inseriti in opere celeberrime ( da Spuntini, Cherubini, Rossini, Donizetti ecc..)
Dall’Italia, Bochsa e la sua giovane compagna, si imbarcarono per l’America e ancora per l’Australia; giunto a Sidney, Bochsa si ammalò gravemente e morì, il 6 gennaio 1856.
La produzione di Bochsa è sicuramente vastissima, possiamo azzardare, dal punto di vista quantitativo una cifra tra i 1500 e i 2000 titoli fra opere, oratori, ouvertures, composizioni sacre, brani vocali e strumentali. Per quanto riguarda la sua produzione arpistica, Bochsa ha una posizione di assoluto rilievo nell’ambito della storia del repertorio; egli ha sempre dichiarato di perseguire lo scopo di migliorare la qualità della musica per arpa del suo tempo costituita secondo lui solamente da “arpeggi, scale diatoniche, un susseguirsi regolare di terze e di seste” (Nouvelle Méthode de Harpe, p. 6). Egli operò nel periodo più fertile della storia degli strumenti musicali dove si susseguirono vari tentativi di modernizzazione ed evoluzione delle possibilità tecniche ed espressive alcune delle quali sono tuttora in uso.
La sua scuola e la sua scrittura compositiva si basano sulla nuova arpa “Erard” a doppio movimento dei pedali che permetteva di alterare le singole corde non più di un semitono ma di un tono. Egli fu un convinto sostenitore dell’arpa a pedali a doppio movimento, brevettata a Londra da Erard , che destò tante polemiche nel mondo musicale francese; egli prese nettamente posizione a favore di questo nuovo strumento, pubblicando nel 1819 un volume di Dix études composées pour la Harpe à double mouvement de Sébastien Erard, proprio mentre era in corso la velenosa querelle fra i fratelli Naderman (che ancora costruivano arpe a movimento semplice) e F.-J. Fétis.
L’arpa che ci lascia in dono Bochsa, come Labarre, Schuecker e tanti altri grandi arpisti è uno strumento che compete a pieno titolo con il forte-piano e per un certo periodo con il pianoforte. Usando tecniche e sonorità che oggi ci sembrano azzardate come per esempio quelle del pedale di rinforzo usato da Krumpolthz che serviva ad accrescere il suono grazie a delle fenditure nella tavola armonica. Bochsa stsso in una sua dichiarazione ammetteva:
L’arpa, riabilitata oggigiorno nell’opinione degli artisti per molto tempo è stata vista come uno strumento imperfetto e negletto. Questo rimprovero era meritato, poiché essa non poteva modulare che in un numero ridotto di tonalità […] Ciò nonostante fu necessario accontentarsi fino a quando non comparve l’opera immortale del famoso Sébastien Erard: l’arpa a doppio movimento. Uscita vittoriosa dalla lunga lotta contro l’ignoranza e l’abitudine, essa al giorno d’oggi è oggetto di ammirazione generale sia per il suo ingegnoso meccanismo sia per le sue immense risorse.
Fedele al suo intento di accrescere le risorse dell’arpa, Bochsa si dedicò anche alla sperimentazione di nuovi materiali per le corde (fu lui il primo ad usare le corde con l’anima di metallo per i bassi) e di nuovi effetti sonori, per accrescere il virtuosismo della tecnica arpistica; il risultato della sua ricerca fu pubblicato nel suo Bochsa’s Explanations of his new Harp Effects (Londra 1832), ristampato in Italia col titolo “Passi ed effetti nuovi per l’arpa Inventati, spiegati ed illustrati con tavole” da Bochsa (Milano, Ricordi, 1842). Le nuove tecniche descritte da Bochsa ebbero un successo modestissimo presso i contemporanei; in Italia V. M. Graziani pubblicò due pezzi contenenti gli effetti: una serie di variazioni sul tema del Carnevale di Venezia e un Gran Duo per due arpe. Anche Elias Parish Alvars pubblicò un Theme and Variations op. 29, la cui terza variazione contiene gli effetti con gli armonici e Th. Labarre li citò di sfuggita nel suo celebre metodo per arpa. Non sono noti al momento, altri autori che abbiano recepito la lezione di Bochsa, il quale peraltro, ha usato i suoi effetti con una certa moderazione e solo nelle sue composizioni posteriori la pubblicazione del metodo. Al giorno d’oggi di Bochsa si conoscono quasi esclusivamente gli studi per arpa che testimoniano la validità della sua opera di didatta, anche se la parte più creativa della sua produzione in realtà non è stata recepita come avrebbe potuto.
Bibliografia:
Anna Pasetti -articolo scritto per la rivista Hortus Musicus luglio-settembre 2001
Marin (1769 – dopo 1861) fu un celebre arpista francese, di nobiliare origine veneziana, studiò violino con Pietro Cardini in Italia, poi di ritorno in Francia studiò arpa con Hochbrucker e Krumpholtz, prima della rivoluzione francese. Fu nominato membro dell’Accademia di Arcadia a Roma a soli quattordici anni grazie ad una sua straordinaria esibizione dove eseguì, oltre ad altre composizioni per strumenti a tastiera anche musiche di Jommelli e a prima vista alcune fughe di Bach. Con lo scoppio della rivoluzione si trasferì a Londra dove strinse amicizia con M. Clementi del quale adottò alcune composizioni all’arpa. Già nell’opera di Marin si trova una summa delle possibilità tecniche espressive dell’arpa (allora con movimento semplice); suoni armonici, suoni smorzati, presso la tavola, glissati di pedale e un uso degli abbellimenti oggi dimenticato o peggio considerato impraticabile all’arpa. La testimonianza di Marin, Bochsa, Labarre e altri grandi strumentisti dell’epoca ci svelano un impiego dell’arpa estremamente interessante sia per la ricerca virtuosistica che tecnica, sia per il repertorio che per l’evoluzione strumentale. La pratica arpistica non differiva da quella del cembalo e del forte-piano ed era da sempre unita alla conoscenza e all’esecuzione dei grandi compositori dell’epoca che scrivevano indifferentemente per arpa o tastiere.
Conoscendo la personalità complessa di Bochsa e le sue straordinarie vicende personali che lo portarono lontano dalla musica, suo malgrado, possiamo forse desumere che ciò che oggi ci sembra frutto di una sua peculiare ricerca musicale e arpistica non sia anche in parte frutto di un lavoro che i suoi maestri avevano in parte già realizzato. Senza togliere nulla alle capacità didattiche e compositive ( le uniche che oggi possiamo valutare) forse Bochsa è la punta di un iceberg sulla conoscenza del mondo dell’arpa che è forse ancora sommerso. Egli fu molto celebre nel XIX secolo, sia come compositore che come arpista di grande fama. Fu arpista alla corte di Napoleone e di Luigi XVIII. A causa delle sue stravaganze ebbe guai con la giustizia francese e con quella inglese. Dimenticato dalla storia, le enciclopedie musicali omettono il suo nome o gli dedicano soltanto poche righe, ma non dagli arpisti, almeno di nome, poiché i suoi lavori per arpa vengono ancora eseguiti , soprattutto i suoi studi sono alla base della didattica in Italia e all’Estero.
Bochsa decise di dedicarsi esclusivamente all’arpa ed ebbe una carriera folgorante. Egli conquistò il pubblico con la verve delle sue esecuzioni e con l’originalità delle sue composizioni, riuscendo ad esplorare ed ampliare i mezzi tecnici ed espressivi dello strumento non solo cercando nuovi effetti, ma anche perseguendo un nuovo stile compositivo arpistico, così come avveniva in campo pianistico, grazie a compositori come Dussek, Cramer e Beethoven.
La sua ascesa continuò fino alla nomina ad arpista dell’imperatore, nel 1813, e, passato indenne la Restaurazione, nel 1816 entrò al servizio di Luigi XVIII.
In questo periodo compose opere per l’Opéra-Comique; una di queste, “La lettre de ch’ange” (1815), fu rappresentata in tutta Europa e con la Restaurazione gli fu commissionato un Requiem per Luigi XVI.
Purtroppo l’attività di Bochsa non era solo dedicata alla musica, sembra che abbia esercitato anche come falsario. I suoi traffici furono scoperti e Bochsa fu costretto a lasciare la Francia per evitare di scontare la pena alla quale il tribunale di Parigi lo condannò: dodici anni di prigione, 4000 franchi di multa e ad essere marchiato a fuoco con le lettere “T. F”. Si rifugiò a Londra e senza fatica riguadagnò fama e prestigio, sia come direttore d’orchestra che come arpista, al punto che fu nominato professore d’arpa e segretario generale alla Royal Academy of Music. Tuttavia le sue “disavventure” giudiziarie divennero note anche a Londra e oltre a ciò egli aveva contratto matrimonio con una donna inglese, Amy Wilson, pur avendo già una moglie in Francia. Il 4 Maggio 1824 fu dichiarato fallito, i suoi beni messi all’asta e tre anni più tardi fu licenziato dalla Royal Accademy.
Questo duplice aspetto della sua complessa personalità sicuramente interferisce notevolmente sulla carriera e ne limita le possibilità lavorative anche se il nostro arpista riesce comunque a farsi introdurre a corte e grazie all’autorevole appoggio del re ottenne la nomina a direttore artistico del King’s Theatre, posto che mantenne fino al 1830 anche se con diverse polemiche e problemi.
Durante gli anni ’30 Bochsa si esibì in qualità di arpista ottenendo sempre un buon successo fino a quando nel 1839, a causa della sua fuga con una sua ex allieva (anche cantante) Ann Bishop, già coniugata e madre di tre figli. Il suo destino sarà legato a questa altra grande stella dimenticata, il soprano Anna Rivière, sposa in prime nozze di Henry Bishop compositore soprannominato il Mozart d'Inghilterra. Scoppiò un nuovo scandalo. I due affrontarono una tournée per tutta Europa senza possibilità di ritorno.
In Italia Bochsa ottenne il posto di direttore presso il Teatro San Carlo a Napoli, ove si stabilì per due anni. Il Teatro partenopeo dopo 1817 con la ricostruzione della sala a seguito di un incendio fu inaugurato con la cantata Il sogno di Partenope di Giovanni Simone Mayr, La presenza di Mayr, come quella di Rossini, si doveva essenzialmente al lombardo Domenico Barbaja, il più grande impresario d'Italia e forse d'Europa. Dal 1815 al 1822, il direttore musicale del teatro fu Gioachino Rossini che, in quel periodo, visse una delle sue stagioni più importanti e prolifiche. Successivamente l'incarico fu attribuito, tra gli altri, a Gaetano Donizetti, direttore artistico dal 1822 al 1838, che tra il 1823 e il 1844 vi presentò ben 16 opere in prima esecuzione. Si potrebbe ipotizzare che la presenza di grandi solisti come appunto Bochsa al Teatro partenopeo e altri grandi maestri italiani e francesi abbia stimolato la creazioni di numerosissimi “soli” all’interno di balletti inseriti in opere celeberrime ( da Spuntini, Cherubini, Rossini, Donizetti ecc..)
Dall’Italia, Bochsa e la sua giovane compagna, si imbarcarono per l’America e ancora per l’Australia; giunto a Sidney, Bochsa si ammalò gravemente e morì, il 6 gennaio 1856.
La produzione di Bochsa è sicuramente vastissima, possiamo azzardare, dal punto di vista quantitativo una cifra tra i 1500 e i 2000 titoli fra opere, oratori, ouvertures, composizioni sacre, brani vocali e strumentali. Per quanto riguarda la sua produzione arpistica, Bochsa ha una posizione di assoluto rilievo nell’ambito della storia del repertorio; egli ha sempre dichiarato di perseguire lo scopo di migliorare la qualità della musica per arpa del suo tempo costituita secondo lui solamente da “arpeggi, scale diatoniche, un susseguirsi regolare di terze e di seste” (Nouvelle Méthode de Harpe, p. 6). Egli operò nel periodo più fertile della storia degli strumenti musicali dove si susseguirono vari tentativi di modernizzazione ed evoluzione delle possibilità tecniche ed espressive alcune delle quali sono tuttora in uso.
La sua scuola e la sua scrittura compositiva si basano sulla nuova arpa “Erard” a doppio movimento dei pedali che permetteva di alterare le singole corde non più di un semitono ma di un tono. Egli fu un convinto sostenitore dell’arpa a pedali a doppio movimento, brevettata a Londra da Erard , che destò tante polemiche nel mondo musicale francese; egli prese nettamente posizione a favore di questo nuovo strumento, pubblicando nel 1819 un volume di Dix études composées pour la Harpe à double mouvement de Sébastien Erard, proprio mentre era in corso la velenosa querelle fra i fratelli Naderman (che ancora costruivano arpe a movimento semplice) e F.-J. Fétis.
L’arpa che ci lascia in dono Bochsa, come Labarre, Schuecker e tanti altri grandi arpisti è uno strumento che compete a pieno titolo con il forte-piano e per un certo periodo con il pianoforte. Usando tecniche e sonorità che oggi ci sembrano azzardate come per esempio quelle del pedale di rinforzo usato da Krumpolthz che serviva ad accrescere il suono grazie a delle fenditure nella tavola armonica. Bochsa stsso in una sua dichiarazione ammetteva:
L’arpa, riabilitata oggigiorno nell’opinione degli artisti per molto tempo è stata vista come uno strumento imperfetto e negletto. Questo rimprovero era meritato, poiché essa non poteva modulare che in un numero ridotto di tonalità […] Ciò nonostante fu necessario accontentarsi fino a quando non comparve l’opera immortale del famoso Sébastien Erard: l’arpa a doppio movimento. Uscita vittoriosa dalla lunga lotta contro l’ignoranza e l’abitudine, essa al giorno d’oggi è oggetto di ammirazione generale sia per il suo ingegnoso meccanismo sia per le sue immense risorse.
Fedele al suo intento di accrescere le risorse dell’arpa, Bochsa si dedicò anche alla sperimentazione di nuovi materiali per le corde (fu lui il primo ad usare le corde con l’anima di metallo per i bassi) e di nuovi effetti sonori, per accrescere il virtuosismo della tecnica arpistica; il risultato della sua ricerca fu pubblicato nel suo Bochsa’s Explanations of his new Harp Effects (Londra 1832), ristampato in Italia col titolo “Passi ed effetti nuovi per l’arpa Inventati, spiegati ed illustrati con tavole” da Bochsa (Milano, Ricordi, 1842). Le nuove tecniche descritte da Bochsa ebbero un successo modestissimo presso i contemporanei; in Italia V. M. Graziani pubblicò due pezzi contenenti gli effetti: una serie di variazioni sul tema del Carnevale di Venezia e un Gran Duo per due arpe. Anche Elias Parish Alvars pubblicò un Theme and Variations op. 29, la cui terza variazione contiene gli effetti con gli armonici e Th. Labarre li citò di sfuggita nel suo celebre metodo per arpa. Non sono noti al momento, altri autori che abbiano recepito la lezione di Bochsa, il quale peraltro, ha usato i suoi effetti con una certa moderazione e solo nelle sue composizioni posteriori la pubblicazione del metodo. Al giorno d’oggi di Bochsa si conoscono quasi esclusivamente gli studi per arpa che testimoniano la validità della sua opera di didatta, anche se la parte più creativa della sua produzione in realtà non è stata recepita come avrebbe potuto.
Bibliografia:
Anna Pasetti -articolo scritto per la rivista Hortus Musicus luglio-settembre 2001